Aborto, oltre il diritto e la morale.

La sentenza con cui la Corte suprema statunitense ha di fatto cancellato l’aborto dalle libertà costituzionalmente garantite, porta riflettere, anche emotivamente, sulla validità nel tempo di talune regole giuridiche e morali, che saremmo portati a ritenere eterne.

La domanda è:  esistono norme morali e giuridiche incise sulla pietra è immutabili nel tempo?

A prima vista mi sembra di no. E vengono alla mente alcuni fenomeni recenti e antichi che mostrano non solo come alcune di esse possano non solo variare, ma addirittura contraddirsi.

Due esempi per tutti.

  • È morale e giusta la condanna a morte?

Si è (quasi) sempre ritenuto di sì. Oggi, però in gran parte del mondo sta diventando maggioritario  il concetto “Nessuno uccida Caino”. La pena capitale è altrettanto immorale e ingiusta quanto gli stessi delitti che con essa si intendono punire.

  • Analogamente in moltissimi paesi oggi prevale l’esecrazione dei comportamenti lesivi, in particolare in campo sessuale, della volontà della donna. Ma viene alla mente il ratto delle Sabine, celebrato dai romani (e mai ripudiato dalla civiltà occidentale,come impresa eroica, alla base della storia occidentale.

L’aborto, come in altre condizioni la poligamia e l’indissolubilità del matrimonio,   e in una certa misura le guerre e le pandemie, può rientrare in questa casistica? Può, cioè, essere lecito ed eticoin un dato contesto storico e reato e immorale in un altro?

Se lo guardiamo come puro strumento di demografia, non v’è dubbio che un elevato numero di nascite, soprattutto se coniugato con l’allungamento della speranza di vita e/o la sostenibilità delle condizioni di vita in dato contesto geografico, possa costituire un problema. In tale ipotesi, la “mano invisibile” che spesso sembra intervenire per ristabilire taluni perduti o mutati equilibri, può agire da stimolo o freno al numero delle nascite, anche attraverso la riduzione della fertilità e/o l’inremento delle percentuali di incompleta differenziazione dei generi. Se così fosse, e francamente non lo sappiamo, è del tutto fuorviate, tranne che nel breve periodo, parlare di aborto in termini giuridici o morali.

Mentre ci siamo immersi dentro, difficilmente riusciamo a vedere la foresta, Vediamo lo stercorario, le foglie cadute e marcescenti, i rami degli alberi, i nuovi germogli, non la foresta. Per vederla dovremmo volare alto, più in alto dell’aquila o del condor, ma anche in questo caso non ne vedremmo che un’istantanea, non l a sua evoluzione e sviluppo, e quello che può apparirci “equilibrio” potrebbe essere solo chimera.

Il nostro concetto di equilibrio, infatti, spesso è estremamente statico e incompatibile con l’evolutività della realtà. Il parametro da usare in sua vece dovrebbe essere l’efficienza in modo da  descrivere una situazione en costante evoluzione ma sempre in grado di garantire il raggiungimento dell’obiettivo assegnato dalla “mano invisibile” per garantire continuità nello sviluppo.

In quest’ottica, il fenomeno dell’aborto volontario, esclusivo della specie umana, potrebbe rientrare in una categoria diversa, né morale né giuridica. È un passaggio dell’evoluzione/conservazione della specie e per capirlo dovremmo inquadrarlo nell’ottica delle cause da cui deriva e degli obiettivi ai quali tende. Osteggiare o assecondare fideisticamente un fenomeno che la Natura ha spontaneamente generato non ha grande senso: è come voler fermare uno tsunami con le nude mani. Sarà la stessa Natura a neutralizzarlo quando i suoi obiettivi verranno raggiunti. Quello che possiamo fare è solo cercare di comprendere questi obiettivi ed eventualmente assecondarli. Ma anche questo comportamento verrà guidato dalla “Mano Invisibile”, anche se di essa non sappiamo proprio nulla.

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